Le vicende di Ben Cotti – 6: Raise to power

16 Ott

Franz era tedesco. Era un “rosso”‘, non si sapeva cosa aveva fatto, non ne parlava, e non stava col gruppo politici. A Ben cosa aveva fatto – non interessava. Ben era rapido in cucina, non faceva casini, aveva pazienza con i “clienti”. Lo chiamavano Monscerì, ma lui non reagiva, nessuno per ora gli aveva messo le mani addosso.

Franz lo adottò. Una mattina, passate due settimane di colazioni.

– Devo andar su – la rete degli uffici, un disastro.

– Ma qui c’è wireless?

Franz rise.

– Non si può. Regolamento. E poi chiamano i detenuti a fare le configurazioni.

Ben annuì, Franz riprese:

– Ti piacerebbe connetterti, eh?

Annuì ancora.

– Un modo ci sarebbe, die Vernetzung, il gancio alla rete su l’ho già preparato. Ci vorrebbe uno agile, per tirare il cavo da fuori…

– Ci sono, e ci sto.

Dovettero aspettare diversi giorni. Nel frattempo, si erano procurati il cavo UTP lungo, e Franz aveva piazzato il ripetitore fuori dalla finestra degli uffici.

Dalla finestrina delle cucine, si doveva salire sull’esterno per pochi metri. Era un tratto libero, comunque da lì non si usciva, si cascava sempre nella struttura. Ma loro dovevano uscire solo con un debole flusso elettrico.

Dalla finestrella spuntò il cavo, Franz lo assicurò all’interno. Tenendosi all’infisso della finestra Ben ricascò in cucina:

– Tutto fatto.

– Vediamo, Monscerì.

Attaccarono il portatile scassato al cavo, la luce di connettività si accese.

– Es funktioniert! E ora das Director. ci connettiamo in desktop remoto – l’ho abilitato all’ultima visita, e siamo a posto.

– La password del direttore?

– Grandhotel. Sì, ci piglia pure per culo.

Tramite quel cavo sottile, si aprì il mondo burocratico, bizzoso e privato del direttore, e anche l’accesso al fuori. Sapevano prima di tutti i turni, i trasferimenti, le scadenze, i favori. Iniziarono a vendere le informazioni, a sputtanare i secondini. Si procurarono un portatile nuovo, Franz fece configurare l’ Ubuntu a “monscerì” Ben.

Ormai stava per entrare in semilibertà – dei tre mesi per rissa ne faceva uno solo del tutto dentro. Ben era popolare e potente – ma stava per perdere l’aggancio lì dentro. Franz era forte, ma Ben aveva capito che a lui la rete del direttore e il giro lì dentro bastava. A lui no.

Quando aveva iniziato a battersi sul ring, gli amici con lui si allenavano, tiravano un po’. Ma a Ben non bastava, insisteva, cercava la tecnica, il colpo migliore. Aveva l’idea di essere veramente forte, in una qualsiasi cosa. Era questo che mancava a quei coatti – si fermavano sempre troppo presto.

Tutti i giorni in biblioteca, si era procurato i testi per rinfrescare la programmazione in C, le API nuove. Imparava veloce.

Poi la semilibertà anticipata, passava le giornate nella biblioteca di ingegneria, testi, codice e l’aiuto in rete dei compagni. Lavorava al regalino d’addio per il direttore. Trovò un vero asso in rete, “Leibniz”, smozzicava il suo inglese sulla chat.

La prima alfa del programma-regalo per il direttore – un cavallo di Troia – fece quello che un vero hacker non fa mai: passò i sorgenti completi a Leibniz. La segretezza è la finta forza dei deboli – il mondo degli hacker è riempito da stupidi. In 24 ore, Leibniz gli rese il codice, mille volte migliorato, con anche un cavallo di troia nascosto nel cavallo di troia.

Ben era certo che il “regalo” Leibniz glielo avrebbe migliorato ma anche bacato con un suo trucchetto, un verme, per metterlo alla prova. Due giorni per trovare e togliere il verme. Poi Leibniz in chat:

– Notizie?

– Ho trovato il trucco – il tuo verme è nascosto con una codifica in base 7.

– Bravo Candide – benvenuto tra noi.

All’inizio, tra l’inesperienza e l’inglese smozzicato, sulla chat dei tosti gli avevano imposto il nick “Candide”. Sempre sti nomignoli del cazzo.

Dopo un mese di semilibertà, il giorno prima di salutare il Grand Hotel, piazzò il cavallo di Troia al direttore. gli dava accesso da web a quella macchina e controllo completo. La miniera restava aperta, anche da fuori.

Usciva con già dei soldi in tasca, bastava trovare una prima carta di credito da pompare. Si fece portare al quartiere Prati, viale Giulio Cesare, case danarose. Un palazzo con un bar, comodamente dal tavolino – un aperitivo – agganciò una wireless, con una password ridicola. Leibniz gli aveva passato un croato che puliva i trasferimenti da carta di credito – si teneva il 10% – poco più di Paypal, e con più servizio.

Doveva però avere un conto in banca. Non aveva aspettato, dalla semilibertà aveva già aperto un conto via web e anche uno su Paypal. Il primo colpo lo doveva far subito, la sua nuova vita. Connesso, subito l’home banking. Allora faceva le ricerche a mano, non aveva ancora gli scanner, e anche i bonifici. Cazzo, 9000 Euro di disponibilità sul conto. Subito un bonifico di 8900 Euro, così il polletto non andava in rosso e nessun allarme.

Controllò la chat, Leibniz non c’era, l’ultimo recapito del croato – cambiava spesso – provò a chiamarlo. In linea. Visto il bonifico, “Where shall I move the 8000?”. Si era fregato dieci Euro, vabbeh, e 8000 chi i ha mai visti. Ben diede l’account Paypal le coordinate del conto appena aperto – tutta la comunicazione era criptata ad una infinità di bit – “You should have it by tomorrow.” Tutto in mezz’ora. 16000 Euro l’ora – da pazzi.

Era uscito dal Grand Hotel con 500 Euro in tasca.  Con quelli deve arrivare solo a domani. Poteva sbroccare, coca e festini, da tipico stronzo romano. Ma l’ideologia hacker gli stava dando tutto, voleva rimanere fedele. Voleva un profilo basso.

Franz quest’anno uscirà. Magari potrebbero prendere un appartamento insieme. Da domani gli farà arrivare il pranzo da fuori – cliente di lusso.

Tornò alla palestra “da Ettore”, che finalmente conobbe. Affittò l’appartamento all’ultimo piano di quel palazzo sgangherato, per mantenere un buon nome nel circondario fece sapere che spacciava coca a pochi ma potenti viziosi. Mantenne il soprannome Monscerì – anonimo, perfetto.

Si procurò anche un ferro, lo teneva sotto il portatile – seduto lì davanti era il posto in cui passava più tempo quando era in casa.

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